Dear Zazie, Hope you had a good day. Mine was good and can be summed up in three words; chores, readin’, and grillin’. Here is today’s Lovers’ Chronicle from Mac Tag to his muse. Follow us on twitter @cowboycoleridge. What part of what comes after to enjoy the most? Rhett.
The Lovers’ Chronicle
Dear Muse,
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the night
your face upturned
the song
the fadin’ light
attenuates
sweet and dark
listen
every pause
in which we lose
ourselves
rain fallin’ now
and the way you look
and what comes after
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a guitar, and her voice
high, soft, plaintive
losin’ myself in the harmony
slow and dreamy, always
melancholy
what comes after
her in love with him,
him with her;
her with me,
i with no one
nothin’ will come of it all
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Today is the birthday of Joseph Crawhall III (Morpeth, Northumberland, England 20 August 1861 – 24 May 1913 London); artist, the son of artist Joseph Crawhall II.
In the 1880s and 1890s, his work became associated with the Glasgow Boys. He was influenced by the Impressionists, and his work, like theirs, was rejected by the art establishment, in his case in the form of the Royal Scottish Academy.
In 1887/88 he visited Tangiers with Pollock Nisbet, Robert Alexander and Robert’s son Edwin.
In the 1880s he travelled throughout Morocco and Spain, abandoning oil painting and moving to watercolours with a lighter palette.
Gallery
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On this day in 1887, Franco-Uruguayan poet,Jules Laforgue died in Paris. He wrote a poem called “Petites misères d’octobre”. I was moved by the closing stanza…
Donc, petite, deux sous de jupe en œillet tiède,
Et deux sous de regards, et tout ce qui s’ensuit….
Car il n’est qu’un remède
A l’ennui.
which might be translated as…
So, petite, two bits of underskirt and a still-warm zipper
and two cents of glances and what comes after . . .
surely that is the remedy
for ennui.
The “what comes after” part seized me and I thought of the way we looked at each other and what came after. Then I thought, what a great title for a song…… and Voila! The song of the day.
The Song of the Day – The Honeydogs – “What Comes After”
Dino Campana | |
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Today is the birthday of Dino Campana (Marradi; 20 August 1885 – 1 March 1932 Scandicci); visionary poet. His fame rests on his only published book of poetry, the Canti Orfici (“Orphic Songs”), as well as his wild and erratic personality, including his ill-fated love affair with Sibilla Aleramo. The 2002 film Un Viaggio Chiamato Amore, by Michele Placido, depicts their affair. He is often seen as an Italian example of a poète maudit.
In 1916, Campana met Aleramo, the author of the novel Una donna, and began an intense and tumultuous relationship with her. Aleramo ended their affair at the start of 1917 after a brief encounter in Christmas 1916 in Marradi. Testimony still remains of the tragic correspondence between Campana and Aleramo, and their letters have been recently published. This correspondence begins with a letter from Aleramo dated June 10, 1916, in which the author expresses her admiration for “Canti Orfici”, declaring the poems to have ‘enchanted and bedazzled’ her. She was then holidaying in the Villa La Topaia at Borgo San Lorenzo, while Campana was in a critical condition at Firenzuola, recovering after being struck by partial paralysis to the right side of the body.
Verse
- Notturni
La chimera
Non so se tra rocce il tuo pallido | Viso m’apparve, o sorriso | Di lontananze ignote | Fosti, la china eburnea | Fronte fulgente o giovine | Suora de la Gioconda O delle primavere | Spente, per i tuoi mitici pallori | Oregina o Regina adolescente… (p. 17) - Il canto della tenebra
La luce del crepuscolo si attenua: | Inquieti spiriti sia dolce la tenebra | Al cuore che non ama più! (p. 20) - La Verna
22 settembre (La Verna)
Il corridoio, alitato dal gelo degli antri, si veste tutto della leggenda Francescana. Il Santo [Francesco d’Assisi] appare come l’ombra di Cristo, rassegnata, nata in terra d’umanesimo. La sua rinuncia è semplice e dolce: dalla sua solitudine intona il canto alla natura con fede: Frate Sole, Suor Acqua, Frate Lupo. Un caro santo italiano. (p. 28) - II Ritorno
L’acqua del mulino corre piana e invisibile nella gora. Rivedo un fanciullo, lo stesso fanciullo, laggiù steso sull’erba. Sembra dormire. Ripenso alla mia fanciulleza: quanto tempo è trascorso da quando i bagliori magnetici delle stelle mi dissero per la prima volta dell’infinità delle morti!… (p. 33) - Marradi (Antica volta. Specchio velato)
Il mattino arride sulle cime dei monti. In alto sulle cuspidi di un triangolo desolato si illumina il castello, più alto e più lontano. Venere passa in barroccio accoccolata per la strada conventuale. (p. 33) - Immagini del viaggio e della montagna
O se come il torrente che rovina | E si riposa nell’azzurro eguale, | Se tale a le tue mura la proclina | Anima al nulla nel su andar fatale, | Se a le tue mura in pace cristallina | Tender potessi, in una pace eguale, | E il ricordo specchiar di una divina | Serenità perduta o tu immortale | Anima! o Tu! (p. 35)- Ecco la notte: ed ecco vigilarmi | E luci e luci: ed io lontano e solo: Quiete è la messe, verso l’infinito | (Quieto è lo spirto) vanno muti carmi | A la notte: a la notte: intendo: Solo | Ombra che torna, ch’era dipartito… (p. 36)
- Genova
Sotto la torre orientale, ne le terrazze verdi ne la lavagna cinerea | Dilaga la piazza al mare che addensa le navi inesausto | Ride l’arcano palazzo rosso dal portico grande: Come le cataratte del Niagara | Canta, ride, svaria ferrea la sinfonia feconda urgente al mare: | Genova canta il tuo canto! (p. 64)
Salvatore Quasimodo | |
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Today is the birthday of Salvatore Quasimodo (Modica, Sicily; August 20, 1901 – June 14, 1968 Naples); author and poet. In 1959 he won the Nobel Prize for Literature “for his lyrical poetry, which with classical fire expresses the tragic experience of life in our own times”. Along with Giuseppe Ungaretti and Eugenio Montale, he is one of the foremost Italian poets of the 20th century.
Verse
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
Acque e terre
- Avidamente allargo la mia mano: | dammi dolore cibo cotidiano.
- Desiderio delle tue mani chiare | nella penombra della fiamma: | sapevano di rovere e di rose; | di morte. Antico inverno.
- Di te amore m’attrista | mia terra, se oscuri profumi | perde la sera d’aranci | o d’oleandri, sereno | cammina con rose il torrente | che quasi ne tocca la foce. (Isola)
- Dolore di cose che ignoro | mi nasce: non basta una morte | se ecco più volte mi pesa | con l’erba, sul cuore, una zolla.
- E quel gettarmi alla terra, | quel gridare alto il nome del silenzio, | era dolcezza di sentirmi vivo.
- Fatica d’amore, tristezza, | tu chiami una vita | che dentro, profonda, ha nomi | di cieli e giardini. | E fosse mia carne | che dono di male trasforma.
- Ma se torno a tue rive | e dolce voce al canto | chiama da strada timorosa | non so se infanzia o amore, | ansia d’altri cieli mi volge, | e mi nascondo nelle perdute cose. (Isola)
- Mi trovi deserto, Signore, | nel tuo giorno, | serrato ad ogni luce. | Di te privo spauro, | perduta strada d’amore, | e non m’è grazia | nemmeno trepido cantarmi | che fa secche mie voglie.
- Se mi desti t’ascolto, | e ogni pausa è cielo in cui mi perdo, | serenità d’alberi a chiaro della notte.
- Si china il giorno | e colgo ombre dai cieli: | che tristezza il mio cuore | di carne!
- S’udivano stagioni aeree passare, | nudità di mattini, | labili raggi urtarsi.
- Tindari, mite ti so | fra larghi colli pensile sull’acque | dell’isole dolci del dio, | oggi m’assali | e ti chini in cuore. (Vento a Tindari)
- Ti rivedo. Parole | avevi chiuse e rapide, | che mettevano cuore | nel peso di una vita | che sapeva di circo.
- Un po’ di sole, una raggera d’angelo, | e poi la nebbia; e gli alberi, | e noi fatti d’aria al mattino.
Òboe sommerso
- Ali oscillano in fioco cielo, | labili: il cuore trasmigra | ed io son gerbido, | e i giorni una maceria. (Òboe sommerso)
- Autunno mansueto, io mi posseggo | e piego alle tue acque a bermi il cielo, | fuga soave d’alberi e d’abissi. (Autunno)
- Avara pena, tarda il tuo dono | in questa mia ora | di sospirati abbandoni. (Òboe sommerso)
- Camminano angeli, muti | con me; non hanno respiro le cose; | in pietra mutata ogni voce, | silenzio di cieli sepolti. (Alla notte)
- Città d’isola | sommersa nel mio cuore, | ecco discendo nell’antica luce | delle maree, presso sepolcri | in riva d’acque | che una letizia scioglie | d’alberi sognati. (Nell’antica luce delle maree)
- Di te amore m’attrista, | mia terra, se oscuri profumi | perde la sera d’aranci, | cammina con rose il torrente | che quasi n’è tocca la foce. (Isola)
- Ed è morte | uno spazio nel cuore. (Fresce di fiumi in sonno)
- Farsi amore un’altra morte sento | ignota a me, ma più di questa tarda, | che mi spinge sovente alle sue forme. (Convalescenza)
- I morti maturano, | il mio cuore con essi. | Pietà di sé | nell’ultimo umore hsa la terra. (Metamorfosi nell’urna del Santo)
- In te mi getto: un fresco | di navate posa nel cuore; | passi nudi d’angeli | vi s’ascoltano, al buio. (Alla mia terra)
- Io tento una vita: | ognuno si scalza e vacilla | in ricerca. (Curva minore)
- Lievita la mia vita di caduto, | esilio morituro. (Foce del fiume Roja)
- Non so odiarti: così lieve | il mio cuore d’uragano. (Dormono selve)
- Non una dolcezza mi matura, | e fu di pena deriva | ad ogni giorno | il tempo che rinnova | a fiato d’aspre resine. (L’eucalyptus)
- Odore buono del cielo | sull’erbe, | pioggia di prima sera. (Preghiera alla pioggia)
- Un sole rompe gonfio nel sonno | e urlano alberi; | avventurosa aurora | in cui disancorata navighi, | e le stagioni marine | dolci fermentano rive nasciture. (Alla mia terra)
- Seguiremo case silenziose, | dove morti stanno ad occhi aperti | e bambini già adulti | nel riso che li attrista, | e fronde battono a vetri taciti | a mezzo delle notti. (Dove morti stanno ad occhi aperti)
- Dammi il mio giorno; | ch’io mi cerchi ancora | un volto d’anni sopito | che un cavo d’acque | riporti in trasparenza, | e ch’io pianga amore di me stesso. (Dammi il mio giorno)
- Ti cammino sul cuore, | ed è un trovarsi d’astri | in arcipelaghi insonni, | notte, fraterni a me | fossile emerso da uno stanco flutto; […]. (Dammi il mio giorno)
Erato e Apòllion
- A te piega il cuore in solitudine, | esilio d’oscuri sensi | in cui trasmuta ed ama | ciò che parve nostro ieri, | e ora è sepolto nella notte. (Sillabe a Erato)
- Ad una fronda, docile | la luce oscilla | alle nozze con l’aria; | nel senso di morte, | eccomi, spaventato d’amore. (Nel senso di morte)
- Alle sponde odo l’acqua colomba, | Ànapo mio, nella memoria geme | al suo cordoglio | uno stormire altissimo. (L’ànapo)
- Dal giorno, superstite | con gli alberi mi umilio. (Sul colle delle “Terre bianche”)
- I monti a cupo sonno | supini giacciono affranti. (Apòllion)
- Mansueti animali, | le pupille d’aria, | bevono in sogno. (L’ànapo)
- Nella palude calda confitto al limo, | caro agli insetti, in me dolora | un airone morto. (Airone morto)
- Per averti ti perdo, | e non mi dolgo: sei bella ancora, | ferma in posa dolce di sonno: | serenità di morte estrema gioia. (Sillabe a Erato)
- Sillabe d’ombre e foglie, | sull’erbe abbandonati | si amano i morti. (Latomìe)
- Terrena notte, al tuo esiguo fuoco | mi piacqui talvolta, e scesi fra i mortali. (Canto di Apòllion)
Poesie
- Ancora un anno è bruciato, | senza un lamento, senza un grido | levato a vincere d’improvviso un giorno.
- Illeso sparì da noi quel giorno | nell’acqua coi velieri capovolti.
- Nello spazio dei colli, | tutto inverno, il silenzio | del lume dei velieri: | fredda immagine eterna | navigante! E qui risorge.
- Isole che ho abitato | verdi su mari immobili | D’alghe arse, di fossili marini | e spiagge ove corrono in amore | cavalli di luna e di vulcani.
- Ancora un verde fiume mi rapina | e concordia d’erbe e pioppi, | ove s’oblia lume di neve morta.
Giorno dopo giorno
- E come potevamo noi cantare | con il piede straniero sopra il cuore, | fra i morti abbandonati nelle piazze | sull’erba dura di ghiaccio, al lamento | d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero | della madre che andava incontro al figlio | crocifisso sul palo del telegrafo? (da Alle fronde dei salici)
- Scende la sera: ancora ci lasciate, | o immagini care della terra, alberi, | animali, povera gente chiusa | dentro i mantelli dei soldati, madri | dal ventre inaridito dalle lacrime. (da Neve)
- Giorno dopo giorno: parole maledette e il sangue | e l’oro. Vi riconosco, miei simili, o mostri | della terra. Al vostro morso è caduta la pietà, | e la croce gentile ci ha lasciati. (da Giorno dopo giorno)
- Invano cerchi tra la polvere, | povera mano, la città è morta. (da Milano, agosto 1943)
- Ora l’autunno guasta il verde ai colli, | o miei dolci animali. Ancora udremo, | prima di notte, l’ultimo lamento | degli uccelli, il richiamo della grigia | pianura che va incontro a quel rumore | alto di mare. E l’odore di legno | alla pioggia, l’odore delle tane, | com’è vivo qui fra le case, | fra gli uomini, o miei dolci animali. | Questo volto che gira gli occhi lenti, | questa mano che segna il cielo dove | romba un tuono, sono vostri, o miei lupi, | mie volpi bruciate dal sangue. | Ogni mano, ogni volto, sono vostri. (da O miei dolci animali)
We are here to laugh at the odds and live our lives so well that Death will tremble to take us. – Charles Bukowski
I know I have the best of time and space—and that I was never measured, and never will be measured. – Walt Whitman
Mourn –– and then onward… – W.B. Yeats
If the moon smiled, she would resemble you. You leave the same impression of something beautiful, but annihilating. – Sylvia Plath
It is perfume from a dress that makes me so digress? – T.S. Eliot
We had fed the heart on fantasies,
The heart’s grown brutal from the fare;
More substance in our enmities
Than in our love;
– W.B. Yeats
After so many years even the fire of passion dies, and with it what was believed the light of the truth. – Umberto Eco
Who of us is able to say now whether Hector or Achilles was right, Agamemnon or Priam, when they fought over the beauty of a woman who is now dust and ashes? – Umberto Eco
When you are sad,
The mother of the stars weeps too,
And all her starlight is with sorrow mad,
And tears of fire fall gently in the dew.
– W.B. Yeats
Will you sit down with me? and we two will rail against our mistress the world and all our misery. – William Shakespeare
07/01/2013 at 4:02 am Permalink
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